che perciò si deve tradurre Codera: ed ecco così spiegata l'origine, e insieme il nome, della frazione mondronese situata di qua dal ponte mentre quella posta di là s'è sempre chiamata li Colomba. Dunque per lo meno verso il 1340 il paese attuale aveva già tante case da formare le due frazioncelle suddette. Il luogo dei Borelli continuò ad essere abitato ancora a lungo, ma il paese nuovo s'ingrandiva sempre più. Fra questi Borelli antichi sono nominati nelle carte del tempo Gioanoto, Guglielmo, Giovanni e Bruno con i loro fratelli: tutti del 300; forse Turino Bianch, nominato nel rotolo dei Sussidi nel 1359, era un Bordello mondronese. Allora era Gioanni bocoillier de mondreono, che denunciò un Genoa di Ala; e Giacobino vicesio, che noi riteniamo un Petrat .
Di quei lontani tempi esistono ancora traccie attualmente. Le case di Berna e di Doira (oggi abbattute e rifatte), quelle degli André e della Portassa (posteriormente rimodernate), la casa dei Petrat sopra l'Airal, quella dei Boggiat, il solaio degli Anri nel centro dei Codera, la casa dei Giacomo Solero fu Domenico nello stesso luogo, presentano i segni di una grande antichità. Con i loro muri a secco, il profondo interramento delle stalle,talvolta con delle pietre collocate a spina di pesce (come si vede nel solaio degli Anrì) esse presentano insieme un carattere di solidità e di sicura primitività. Forse non erriamo,attribuendo ad alcune delle case suddette l'età di almeno 400, 450, o fors'anche 500 anni.
 
IL NUOVO PAESE
 
Nel nuovo paese si poteva godere di più ampio respiro, le praterie si allargavano intorno alle case e scendevano anche verso la Stura, prendendo il posto delle selve abbattute. Ai Colomba un piazzale abbastanza largo (airal) s'apriva nella parte alta del villaggio, sulla "via Pubblica".
Là si batteva la segala, e forse era già aperta un'osteria; là si fermavano le salmerie che trasportavano i bagagli a Balme, e le greggi dei pastori che salivano agli alpeggi della Losa e della Mussa; là si celebrava con balli campestri la festa annuale, che attirava anche gli abitanti dei borghi vicini.
Gli uomini indossavano la loro palandrana festiva scendendo fino al ginocchio e ricca di due file di luccicanti bottoni sul petto: calzoni di fustagno corti, larghissimo cappello di feltro in capo, spada al fianco.
Le donne portavano una gonna piuttosto corta, calze a vivaci colori, ampio fazzoletto di seta incrociato sul petto,la cuffia delle grandi occasioni (tutti i giorni si portava la cuffia, ma quella feriale era più semplice): e alle orecchie, al collo, alle dita recavano tradizionali gioielli d'argento e d'oro, quasi sempre lavorati nelle fucine della Valle.

Certamente oggi noi stentiamo a farci un'idea della rustica signorilità di quei

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